Il dr. Piero Bonomo, Direttore Sanitario e Persona Responsabile della rete Avis Iblea, esordisce così: “Mi sento un uomo fortunato per diversi motivi, i più importanti sono la mia famiglia e l’Avis. I successi professionali invece, appartengono ad una sfera legata ai miei studi e alle esperienze sanitarie. Nella mia vita ho avuto la fortuna d’incontrare persone con le quali ho condiviso le mie idee e i miei sogni. Con mia moglie abbiamo realizzato la famiglia che volevamo, con alcuni amici abbiamo concretizzato la famiglia AVIS”. Quando nel ’78 nacque ufficialmente l’Avis Comunale di Ragusa, il dr. Piero Bonomo ha dovuto fare una scelta ben precisa: o svolgere la professione di medico a tempo pieno magari a Pavia, con tutta la carriera che ne conseguiva, o dedicarsi anche allo sviluppo di una Associazione di Volontariato quale l’Avis nella sua Sicilia. Per quel periodo fu una scelta azzardata. Lasciare il certo per l’incerto.
Per qualcuno fu una scelta incomprensibile, ma per lui cominciava un sogno che oggi è realtà. Con la sua esperienza, la sua saggezza e onestà intellettuale incominciò ad affrontare una serie di problemi, legati alla logistica e alla credibilità della nuova Associazione che doveva superare la consolidata forma di “donazione a pagamento”, oppure con il “coinvolgimento di amici e parenti”. Sensibilizzare l’opinione pubblica ragusana verso una Associazione, con caratteristiche poco conosciute come la donazione anonima, gratuita e solidale, richiese diversi stadi di metabolizzazione. Il gruppo dei sognatori cominciò a seminare, l’Avis che nasceva anche a Ragusa con nuove caratteristiche, regolate da uno Statuto Nazionale, che salvaguardavano pazienti e donatori. Questa transizione aveva bisogno di una garanzia che solo un personaggio influente poteva dare e la presenza del dr. Michele Duchi , magistrato, Presidente del primo Direttivo Avis, diede gli effetti sperati.
L’Avis Comunale partiva con le risorse umane e tecniche del momento, come dimostrano le immagini presenti in questo articolo. L’anima dell’Avis, ovvero il dr. Piero Bonomo, guidava e orientava le scelte tecnico-scientifiche del progetto e l’Avis diventava, giorno dopo giorno, anno dopo anno, sempre più grande, sempre più inserita nel tessuto sociale. Con la costruzione dell’attuale sede, si cominciò a pensare all’organizzazione, alla sicurezza, ai contatti, all’ innovazione tecnologica, alla programmazione nel medio e lungo termine, alla formazione, e perché no!…Ad una buona amministrazione
Nella sequenza di raccolta sangue, lavorazione e suo utilizzo, quanti rischi ci sono?
“Nel creare una rete come la nostra ho sempre cercato di prevenire qualsiasi rischio. L’Avis non può permettersi di sbagliare. Praticamente non sono ammessi errori. Di donazione non si può morire e non si deve morire! La sicurezza deve essere massima in ogni luogo dove essa è praticata. Con il passare degli anni la donazione del sangue assumeva le caratteristiche di enormi responsabilità con le quali dovevi misurarti quotidianamente. Formazione e aggiornamento, erano e sono, temi essenziali per una buona gestione del sistema Avis. I requisiti di sicurezza approvati dall’Europa, sono passati da 46 a 96, siamo continuamente ispezionati da “agenzie esterne” e dalla Regione, ecc. e se non trovano quello che c’è scritto nei requisiti “ti chiudono”.
Con questa situazione diventa sempre più a rischio il volontariato perchè giudicato troppo professionale. E’ diventato tutto più complicato! Avendo contribuito a dar vita all’ Avis Iblea, porto il peso della tessera n.1, con tutte le conseguenze che ormai ci sono, e mi tocca gestire. Mi preoccupa il dopo. Da primario non ho avuto nessun problema giudiziario ma ora che sono “la Persona responsabile dell’Avis della rete provinciale di Ragusa” ovvero di una rete di raccolta di 13 sedi con quasi 45 mila eventi annuali, se succede qualcosa di grave dopo un’ora sono su tutti i giornali”.
Quali sono i punti di forza del suo percorso professionale all’Avis?
“Al primo punto metto la “centralità del donatore”, perseguita con la massima attenzione in tutte le fasi della sua vita; dai bisogni personali a quelli della sua famiglia. Questo crea una fidelizzazione unica e positiva. Secondo punto la “trasparenza gestionale” dell’Associazione, infatti i dirigenti che si sono susseguiti nel tempo, sono stati cercati con i requisiti massimi dell’onestà e della correttezza. Terzo punto, per me molto importante, sicuramente legato anche alla mia professione immunoematologica, è “l’avanguardia tecnologica” dovuta anche alla mia curiosità di scoprire e innovare. Ragusa ha avuto sempre una grande precocità nel raggiungere obiettivi organizzativi e tecnologici, rispetto al territorio regionale e per alcuni aspetti anche nazionale. Poi tutto è culminato nella Banca dei Gruppi Rari, da me fondata, nel 2010 a Ragusa che si aggiunse alla banca di Milano, le uniche due in Italia.
I Dottori Francesco Bennardello Direttore del SIMT e Simone Travali sono gli attuali responsabili della Banca dei gruppi rari di Ragusa. Siamo ormai un punto di riferimento nazionale ed internazionale, premiati nell’ultimo Convegno di Rimini; grandi soddisfazioni insomma! Sul piano tecnico tutto è stato un susseguirsi di successi, senza parlare dei dati quantitativi che sono imbattibili, basti pensare che Ragusa produce 54 kg. di plasma x 1000 abitanti, contro i 14 kg della media nazionale. Se pensiamo che nella nostra piccola provincia si fanno quasi 45 mila donazioni all’anno, contro le 200 mila raccolte in Sicilia, pensiamo di rappresentare per le donazioni il 20% di tutta l’isola! Produciamo il 51% del plasma da aferesi in Sicilia con il quale riusciamo a coprire tutto il nostro fabbisogno di emoderivati della nostra Provincia(unica in Sicilia) contribuendo anche a buona parte del fabbisogno Regionale . Se rapportiamo questi risultati al numero di abitanti della nostra provincia, possiamo pensare che ci sono donatori in quasi in tutte le famiglie del ragusano.
Questo significa che la “cultura della donazione” ha contagiato tutto il territorio. Questi numeri, che non si hanno in nessuna altra provincia italiana, ci restituiscono l’etichetta di “Ragusa Capitale d’Italia” per numero di donazioni rispetto alla popolazione. Questo è il dato più vero che c’è”, e che ci rende orgogliosi.
Questi dati hanno sbalordito anche noi, perché essi hanno creato un circolo virtuoso che va custodito attraverso la trasparenza gestionale. La sensibilizzazione attuata nelle scuole da parte dei nostri dirigenti che incide sulla cultura dei ragazzi, le varie iniziative culturali e sportive, la formazione continua e la professionalità del personale, è fondamentale per il prosieguo di vita della nostra Associazione.
La scarsa esperienza avisina nel meridione d’Italia e la mancanza di confronti con altre realtà vicine, hanno frenato la sua crescita professionale?
“Direi di no! Anzi. Il confronto è sempre auspicabile e un importante mio punto di riferimento è stata la Prof.ssa Anna Massaro, dirigente di un grosso centro Avis di Torino, che mi ha dato non solo la sua amicizia ma ha voluto che entrassi, come socio nella Società scientifica di Medicina Trasfusionale, istituita nel ’54 e composta da quasi duemila soci. Lei, presidente di questa importante Comunità Scientifica ha richiesto che anch’io ricoprissi, nel tempo, il ruolo di consigliere Nazionale della SIMTI e nel corso degli anni sono arrivato a ricoprire sia la carica di segretario regionale che di Presidente Nazionale nel 2005/2006.La Professoressa Massaro ha seguito con attenzione ed affetto tutte le nostre inaugurazioni e realizzazioni e non ha fatto mai mancare la sua presenza ed i suoi preziosi consigli.
Oggi però mi preoccupa la mancanza di medici e personale sanitario abilitato alla raccolta e alla lavorazione del sangue. Di questo passo arriveremo ad una situazione paradossale, inimmaginabile negli anni 80, perché avremo i donatori ma mancheranno i medici e personale sanitario per la raccolta del loro sangue”.
Per concludere. Quali sono le indicazioni che si sente di dare alle prossime generazioni avisine?
“Raccomando a me prima che agli altri dirigenti di mantenere sempre la trasparenza e la gratuità in tutto, condizioni ideali per essere liberi da condizionamenti. Il volontariato, come quello che ho svolto da sempre senza chiedere nulla, mi ha dato la forza di tenere la barra dritta anche nelle tempeste più forti. I numeri e il capitale umano che abbiamo accumulato nel tempo sono un patrimonio che non dobbiamo disperdere. Spero nell’impegno comune di tutti i cittadini della nostra provincia nel mantenere sempre viva la fiaccola Avis”.
Tutta l’Avis della provincia di Ragusa, non può non essere grata al “suo” Piero Bonomo.
fonte: l’ Opinione Ragusa